@ArchivioAntropologicoApolito
Quelli che oggi si chiamano “beni immateriali di tradizione orale” non erano patrimoni immobili e inerti, passati di generazione in generazione: le parole - e la musica che spesso le accompagnava - vivevano insieme alle persone e come queste mutavano. Nascevano, alcune diventavano adulte e forti, tanto da resistere ai secoli. Altre, più deboli, scomparivano nel flusso del tempo. Quotidianamente erano trasformate, manipolate, reinventate con nuovi sensi, doppi e tripli, erano adattate alle circostanze nelle quali ci si trovava a vivere. Poiché proprio le parole, in versi o senza versi, in musica o senza, erano gli strumenti privilegiati per stare insieme. In tutte le manifestazioni della vita sociale. A cominciare ovviamente dalle relazioni d’amore. Infatti le parole erano in prima linea per il corteggiamento. E qui la musica era centrale. Ma anche per i litigi. Sfidarsi, prendersi in giro, ingiuriarsi: era corrente. In tal modo gli inevitabili equivoci della vita quotidiana, le tensioni, i pensieri cattivi si incanalavano dentro i canti, e non esplodevano in conflitti concreti. Insomma gli scontri possibili si fermavano sulla soglia di una specie di gioco rituale a scontrarsi, e le sfide diventavano teatro per divertire. Pur richiamando i contrasti veri della vita quotidiana (per esempio nel caso qui presentato, tra suocero e genero), si trasformavano in giochi di parole. Ovviamente non sempre ci riuscivano, ma spesso sì. Ed erano comunque tentativi comunitari per evitare scontri.
Il documento qui presentato è un frammento di vita popolare, minuto ma eloquente: getta una luce (antropologica) molto particolare su un mondo passato di cui sappiamo davvero poco, e del poco che sappiamo abbiamo fatto dimenticanza. Per esempio, ignoriamo la presenza di queste tecniche tradizionali di pacificazione per mezzo dell’”arte popolare”. C’erano guardie e giudici, certo, c’erano denunzie e avvocati, ma nella minuta vita comunitaria, per la pace sociale forse contavano maggiormente musiche e canti, danze e feste. Non voglio dare un’idea idilliaca del passato contadino, come mondo di pace, non era così. Però è importante ricordare che esistevano e funzionavano forme “artistiche” di controllo dell’equilibrio della convivenza sociale. Create dal “basso”, cioè senza interventi delle istituzioni e delle autorità. E forse per questo sono uscite dalla “storia”.
Nel link qui collegato si può ascoltare (e leggere in traduzione italiana) una improvvisazione di versi cantati “a dispetto” tra due innamorati. Siamo a Cervinara, provincia di Avellino, nel 1985, Luigia Pallotta che aveva fatto la carbonaia e che aveva 56 anni, canta e rievoca l’episodio di oltre trent’anni prima, negli anni Cinquanta del Novecento. I due fidanzati erano entrambi carbonai e lavoravano insieme nello stesso gruppo di lavoro (particolare importante per comprendere il contesto della sfida e l’ironia che viene usata nell’improvvisazione da parte della donna). Nel ricordo di Luigia, i canti “a dispetto” funzionarono per stemperare le tensioni. Infatti i due innamorati alla fine si sposarono.
La registrazione fu effettuata da Salvatore Raviele, che si stava laureando in antropologia culturale con una ricerca sul campo delle tradizioni orali del suo paese.
Негізгі бет Canti "a dispetto" - AAA-28
Пікірлер