Denunce a perdere. Marianna Manduca e la condanna civile dei Pubblici Ministeri negligenti.
12 denunce disattese che hanno causato la morte di Marianna per mano del marito.
La condanna è per responsabilità civile del Magistrato, fatto eccezionale e dopo traversie, dove a pagare sarà lo Stato e non il Magistrato, in quanto i fatti sono antecedenti all'entrata in vigore della legge sulla responsabilità civile. Lo Stato, comunque, se si si rivarrà sul suo dipendente, sarà rimborsato dall’assicurazione per responsabilità civile che i magistrati hanno stipulato per poche decine di euro annue. Assicurazione valida anche come strumento risarcitorio post riforma. Come dire: Si nasce senza volerlo. Si muore senza volerlo. Si vive una vita di prese per il culo.
La condanna non è per omissione d’atti di ufficio.
La condanna non è per omicidio colposo o per concorso in omicidio volontario con dolo eventuale, in quanto l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo (art. 40 c.p.).
La procura di Caltagirone (genericamente il capo dell'ufficio all’epoca dei fatti, Onofrio Lo Re, che nel frattempo è morto) è stata infatti condannata da tre giudici messinesi, due donne e un uomo, della corte d'Appello di Messina. Si tratta della presidente Caterina Mangano, Giovanna Bisignano e Mauro Mirenna, che hanno riconosciuto il danno patrimoniale condannando la presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento di 260mila euro, e riconoscendo l’inerzia dei magistrati dopo una lunga trafila giudiziaria. L’azione legale di Carmelo Calì, lontano cugino della donna uccisa che ha oggi adottato i tre figli maschi (15, 13 e 12 anni) è iniziata cinque anni fa. Il processo infatti ha dovuto passare un giudizio di ammissibilità, richiesto nel caso di responsabilità dei magistrati. L’ammissibilità della richiesta era stata rifiutata dal tribunale di Messina, poi dalla corte d’Appello fino alla Cassazione che ha bocciato le corti messinesi. Solo dopo la sentenza della corte di Cassazione, dunque, che ha accolto la richiesta dei legali Alfredo Galasso e Licia D’Amico, il processo ha avuto inizio e il 7 giugno il tribunale di Messina ha depositato la sentenza riconoscendo la responsabilità negli ultimi sei mesi di vita di Marianna della magistratura. La donna aveva 35 anni quando fu uccisa da sei coltellate al petto e al torace sferrate dal marito Saverio Nolfo, all’epoca trentasettenne, adesso in carcere, condannato a vent’anni per l’omicidio. Lei era geometra e lavorava presso uno studio privato mentre lui era disoccupato e tossicodipendente. I giudici di Messina hanno riconosciuto il danno patrimoniale derivato dal fatto che i tre figli non hanno più goduto dello stipendio della madre: “Siamo parzialmente soddisfatti, ricorreremo in appello: c’è un danno morale che a Messina non è stato riconosciuto soltanto perché all’epoca la legge sulla responsabilità della magistratura era diversa ma non è un caso che sia stata modificata e che non riguardi più soltanto la limitazione della libertà personale”, ha concluso Galasso.
Manuela Modica “La Repubblica” 13 giugno 2017.
A cura del dr Antonio Giangrande. Scrittore, sociologo storico, giurista, blogger, youtuber, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ONLUS. 099.9708396 - 328.9163996
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