Ha debuttato al Cortile Platamone di Catania LA GIARA di Luigi Pirandello, con la regia di Giuseppe Dipasquale.
Una coproduzione del Teatro Stabile e del Teatro Brancati di Catania.
Nelle interviste:
GIUSEPPE DI PASQUALE - Regista
ANGELO TOSTO - Don Lollò
TUCCIO MUSUMECI - ZI Dima
Una "Giara" in chiave antropologica ...
È in scena a Palazzo della Cultura/Cortile Platamone di Catania, in occasione dei festeggiamenti per il novantesimo compleanno del Maestro Tuccio Musumeci, un successo indiscusso di Luigi Pirandello: "a Giarra/La giara".
Regia Giuseppe Dipasquale, con Tuccio Musumeci, Angelo Tosto, Filippo Brazzaventre, Pietro Casano, Luciano Fioretto, Federica Gurrieri, Ramona Polizzi, Lucia Portale, Claudio Musumeci, Vincenzo Volo. E con la partecipazione del piccolo Vincenzo Barrile.
Costumi: Dora Argento; musiche Matteo Musumeci; movimenti coreografici: Giorgia Torrisi Lo Giudice; coproduzione: Teatro Stabile di Catania, Teatro della Città - Centro di Produzione Teatrale.
Intrigante questa riproposizione teatrale, tutta siciliana, di "a Giarra" composta dal nostro autore Agrigentino quasi agli esordi.
A "Il Fu Mattia Pascal" (1904), il suo primo capolavoro erano seguiti: "La Morsa" (1910), "Lumie di Sicilia" (1910), "Il dovere medico" (1913), "Cecè" (1915), "La Ragione degli altri" (1915).
La giara, una commedia in un atto unico di Pirandello del 1916 (lo stesso anno di Liolà), è ripresa però da una sua novella già composta nel 1906, pubblicata nel 1909 sul Corriere della Sera e compresa poi nella raccolta Novelle per un anno edita nel 1917.
La rielaborazione teatrale in dialetto agrigentino, dell'ottobre del 1916, fu rappresentata in prima assoluta a Roma nel Teatro Nazionale il 9 luglio del 1917 dalla Compagnia di Angelo Musco.
Il 30 marzo del 1925 fù messa in scena sempre a Roma in lingua Italiana.
La trama è nota.
"Piena anche per gli olivi quell'annata - così inizia la novella - Piante massaje, cariche l'anno avanti, avevano raffermato tutte, a dispetto della nebbia che le aveva oppresse sul fiorire.
Lo Zirafa, che ne aveva un bel giro nel suo podere delle Quote a Primosole, prevedendo che le cinque giare vecchie di coccio smaltato che aveva in cantina non sarebbero bastate a contener tutto l'olio della nuova raccolta, ne aveva ordinata a tempo una sesta più capace a Santo Stefano di Camastra, dove si fabbricavano".
Sotto la magistrale e innovativa regia di Giuseppe Dipasquale, la scena si apre sul duro lavoro campestre dei contadini dell'occhiuto e sospettoso "padrone" Don Lollò, sempre preoccupato che qualcuno possa insidiare la sua robba, di verghiana memoria.
Per questo motivo, assistito dall'avvocato Scimé, è sempre in causa con qualcuno.
Nell'intervista rilasciata al nostro giornale, il regista punta l'accento sulla sua volontà di recuperare una "nuova" versione antropologica della commedia, allontanandola da quella Verghiana.
Con il Maestro Musumeci, poi, insieme a tutta la troupe e ai suoi collaboratori, con i costumi e la musica si è ricreata un'atmosfera "immersa nel sangue della terra".
La Giara diventa così la metafora di una Sicilia madre che inghiotte e poi sputa i suoi figli: "una vittoria panica".
Con una gestualità primitiva le donne sembrano quasi compiere un rito ancestrale. Più che contadine sono infatti simili a baccanti invasate dal dio Pan.
Nei loro essenziali e bruniti costumi, suggeriti dal regista e magnificamente realizzati da Dora Argento, paiono quasi vomitate dalla terra mentre si muovono con gesti ritmati tra fatica, sudore e lussuria temendo sempre l'occhio del severo padrone (Si 'nzama' s'affaccia Don Lollò dô finistruni ! …
E si Diu nni scanza nni trova ccà senza fari nenti …).
È l'ever green Tuccio Musumeci che, nell'intervista rilasciataci, ricorda di aver recitato la prima volta con Turi Pandolfini questa commedia "di cui i giovani non sanno niente".
Fu la volta poi di Umberto Spadaro e del tentativo non riuscito di andare in scena con Carlo Croccolo.
Non può essere stato il verismo Verghiano - la critica è d'accordo - alla base di questo lavoro che supera la tematica della robba e viene scritto da Pirandello a ridosso del suo saggio sull'umorismo.
Nella Giara sono invece presenti in nuce tutte le tematiche Pirandelliane: la molteplicità dei punti di vista, i conflitti interpersonali e di classe, l'albagia dei borghesi, la cocciutaggine contadina e la dignità del lavoro, il senso panico della natura, l'ironia grottesca e il ricorso ad una soluzione "umoristica", il paradosso della ragione.
"La vita - sono le parole di Pirandello - non avendo fatalmente per la ragione umana un fine chiaro e determinato bisogna che, per non brancolare nel vuoto, ne abbia uno particolare, fittizio, illusorio per ciascun uomo".
Ottimo spettacolo, questo del Cortile Platamone, esaltato da una straordinaria regia e da recitazione, scenografia, costumi, musica e coreografia di alto livello.
Auguri Tuccio: AD MULTOS ANNOS !
Silvana Raffaele
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