Un importante reperto di archeologia elettrica è al centro della nostra attenzione nell'esplorazione di oggi. Si tratta del vecchio impianto idroelettrico dell'Ardo, in particolare della centrale, realizzata all'inizio del secolo scorso e in disuso dal 1966. Questa infrastruttura ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della città di Belluno, e delle sue prime attività industriali, essendo la seconda centrale attivata nel 1910 per far fronte all'aumento di energia elettrica richiesta dal potenziamento dell'illuminazione pubblica.
Le prime valutazioni per dotare la città di illuminazione elettrica in sostituzione dei fanali a petrolio esistenti, risalgono al lontano 1890, e l'idea di un impianto idroelettrico sul torrente Ardo fu la prima ad essere presa in considerazione. Ma venne presto accantonata in quanto il corso d'acqua non avrebbe garantito una portata costante nell'arco dell'anno, e per far fronte ai periodi di magra sarebbe stato necessario installare anche una costosa macchina a vapore di riserva. La scelta ricadde quindi sul torrente Caorame, a 25 km da Belluno, dove fu costruita la prima centrale, capace di sviluppare 300 cavalli di potenza con cui, nel 1897, furono accese per la prima volta nella città veneta le 260 lampade ad incandescenza da 16 candele ciascuna.
La crescente richiesta di potenza elettrica degli anni seguenti tuttavia, fece rispolverare l'idea originaria di sfruttare le acque del torrente Ardo per produrre energia, con cui accendere ulteriori lampade e alimentare di giorno le piccole industrie della zona. Il progetto della nuova centrale si concretizzò nel 1907, ad opera della Società Bellunese Industria Elettrica, da poco costituita grazie all'impegno finanziario di facoltosi personaggi e imprenditori della zona. L'impianto sull'Ardo, inaugurato nel 1910, prevedeva una diga sommergibile, un canale a mezza costa e una centrale con 2 turbine Francis da 300 cavalli ciascuna, con cui fu potenziata l'illuminazione di Belluno e fornita energia alle fornaci di Sois e Cavarzano.
La condotta di alimentazione da 800 mm riceveva l'acqua da una vasca di carico alimentata da un canale adduttore, parzialmente in galleria, posto ad una cinquantina di metri sopra la centrale. Scavato nella roccia per una lunghezza di 2 km, il canale con copertura in calcestruzzo seguiva la sponda sinistra con pendenza dello 0,5% partendo dall'opera di presa presso la diga sul torrente, realizzata a monte del vecchio mulino Corontola. Tali manufatti sono stati pesantemente danneggiati dall'alluvione del 1966 e da alcune frane, che già da quel periodo in poi hanno reso di fatto inutilizzabile il vecchio canale.
Sfruttando il salto di 45 m con una portata di 600 litri al secondo, le 2 turbine Francis potevano generare quasi 500 kW, una potenza considerata di tutto rispetto all'inizio del secolo scorso, sufficiente per l'illuminazione di una piccola città, e qualche utenza industriale.
La fornitura e installazione delle macchine venne affidata alla Riva di Milano, ditta dalla proverbiale esperienza in costruzione di turbine.
I due alternatori fabbricati a Milano su licenza della tedesca Lahmeyer giravano a 750 giri al minuto erogando 230 kW con rendimento superiore al 90% ed erano dotate di dinamo eccitatrici coassiali da 3 kW 110 Volt. La tensione di macchina a 6000 Volt era inviata alle sbarre collettrici che facevano capo al quadro elettrico principale, diviso in varie sezioni con gli apparecchi di comando e controllo montati su lastre di marmo.
Questa centrale alimentava 3 linee in media tensione collegate rispettivamente a Belluno, Cavarzano Ponte nelle Alpi, e Sois.
L'impianto dell'Ardo, passato nel giro di pochi anni nell'orbita della SADE mediante il controllo azionario di quest'ultima sulla SBIE che lo realizzò, e poi all'ENEL, rimase in esercizio fino al 1966, quando una piena del torrente causò danni ingenti alle opere idrauliche. 2 anni, alla scadenza della concessione, l'ENEL rinunciò al rinnovo della stessa, in quanto il ripristino dell'impianto non era più ritenuto conveniente.
Da quel momento per la storica centrale iniziò un lungo periodo di abbandono, divenendo preda di furti e atti vandalici, prima del rovinoso crollo del tetto, evento certamente evitabile, che purtroppo pose la pietra tombale su ogni possibile recupero della struttura a scopo museale. Lo stato di degrado irreversibile in cui si trova attualmente è dovuto proprio alla mancanza della copertura, che favorisce la crescita di arbusti all'interno, contribuendo alla distruzione di quel poco che rimane delle vecchie macchine e dell'edificio, ormai pericolante.
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Негізгі бет La storica centrale dell'Ardo - esploriamo i resti dell'impianto bellunese SBIE-SADE del 1908
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