Maturità: Una lettera di addio.
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Prima di iniziare a scrivere mi ci è voluto tempo, molto tempo, ho dovuto pensare riflettere e rifletterà ancora per capire, non credevo che fosse così faticoso riuscire a mettere in nero su bianco i miei sentimenti ora che la scuola sta finendo.
Mentre i giorni passavano ho compreso maggiormente che ciò per cui stavo studiando non è in realtà quello che ho realmente intenzione di fare una volta là fuori. Ed è allora che mi sono chiesto da qui a qualche giorno passato l'esame, completato gli iscritti è finito l'orale che cosa mi resterà della scuola, quel luogo tanto odiato da noi studenti quanto amato. Che cosa mi resterà specialmente di quest'ultimo anno: voti, interrogazioni, compiti, programmi, scartoffie, note… No tutto questo sarà lavato dalle prime settimane di vacanza.
È inutile ormai nascondere che alla fine di questo lungo percorso di cui dopo 13 anni ne vede la fine un senso di tristezza e nostalgia nell'abbandonare quel banco mi sta venendo.
Ed ecco che quel luogo chiamato scuola ancora una volta ci insegna che la vita è imprevedibile, non avrei mai pensato di dire addio alla scuola, scuola che non posso chiamare casa ma che come essa sia quasi comportata. Lo stesso luogo dove sono cresciuto, dove ho incontrato molti amici e dove mi sono divertito molteplici volte, al di là dell'imparare dello studiare dell'annoiarsi durante le lezioni, sarà anche pur vero che molte volte sono tornate a casa dicendo che palle, domani di nuovo a scuola, di nuovo la sveglia suonerà alle 6:40 e come al solito mi sveglierò 25 minuti dopo con il mio perenne ritardo per andare in aula.
Mi mancherà l’Arimondi-Eula, cioè volevo dire l’Eula, quei tre piani di scale, i lunghi corridoi, le aule, le sedie scomode, i banchi e l'armadio che ci hanno tolto e che ora non c'è più. Il grande cortile, il bar di Tizzi che puntualmente alle 10:35 era sempre pieno, mi mancherà il tempo perso durante i cambi ora, quello speso davanti alla macchinetta del caffè che ci aspettava ogni giorno pronto a darci l'energia per le ore a venire.
Ora viene un pezzo… Anzi il prezzo più importante di questa storia: la mia classe.
Quella classe che non scorderò mai la quinta A C.A.T leva ’99, come farei mai a dimenticare la risata di Grama, il ragazzo che spostandosi dal liceo aveva deciso di provare a fare qualcosa di più valido, forse il più affettuoso di tutti, Papa il Tefra colui che mi ha fatto sempre vedere l'altro lato della medaglia, come potrei scordarlo dopo tutto il tempo speso a parlare insieme lo stesso del: ma belo!
Come potrei dimenticare le battute di Skippi e Mondo che dopo tutti questi anni li posso considerare come fratelli, la spontaneità di Michela, le chiamate di Checco, i problemi di Mari lo stesso che si irrita sempre, il silenzio di Sanni, l'ansia è le incredibile paranoie di Marta, i milioni di soprannomi dati a Bobby, la Gorga, Tacchino o semplicemente Stefano Bosio, le mille sfuriate di cocky il ragazzo con cui ho condiviso la stupenda infanzia insieme, le continue ripetute cazzate di Nicki, i silenzi trasformati in parole e successivamente in rosate da Beppe, la perenne felicità di Marty e Tania che in questi cinque anni ho ammirato e non poco. La ragazza in classe a capire sempre tutto Ali, la stessa disposto ad aiutarti sempre, per non parlare di Bux con cui ho condiviso enormi cazzate, il fisico e il sorriso di Della, il ciuffo biondo e i due metri di altezza di Massu e anche se per alcuni il percorso è finito prima non potrei non ricordare: Nour, Parre e Ferla, Pipes e Robi.
Non ho memorizzato ogni particolare, ma ricorderò le litigate per l'ultimo banco, i casini fatti durante le lezioni, le innumerevoli polemiche per i voti, le partite a calcetto, il torneo di calcetto che in seconda abbiamo quasi vinto e che quest'anno purtroppo abbiamo perso, saprò ricordare le giornate passate al cinema per l'assemblea d'istituto, le bottiglie lanciate per aria e le risate che ci siamo fatti con Giletta. Ricorderò in prima quando Massu portava gli occhiali, quando abbiamo fatto arrabbiare Coca e quando per il troppo casino ci spostavano di classe. Ricorderò quando abbiamo visto i sorteggi di champions come Miranda, le caramelline di Papa, il “arrivederci” dell'ultima ora, non dimenticherò le cene di classe, l'albero di Bobo, i video nello spogliatoio del “pala”, i cori che abbiamo alzato e le urla di ogni giorno.
Che sono stati i cinque anni più belli e non avrei mai pensato avrebbero visto la loro fine, l’avevo dato per scontato, l’aveva chiamata famiglia e adesso che sta per finire tutto mi accorgo delle cose che avrei potuto fare, di quelle che avrei dovuto fare e tra tutti i rimorsi e i rimpianti l'unica cosa so è che mi mancherete.
Grazie per questi cinque anni passati insieme.
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