www.pupia.tv - Roma - G7 RUBRICA AFRICA. APPELLO ALL'ITALIA: RILANCI CONFERENZA DI PACE PER SUDAN
Roma, 22 lug. - Appello all'Italia, che ha la presidenza del G7 e promette un rinnovato impegno in Africa con il Piano Mattei: a rivolgerlo i partecipanti a un incontro internazionale dedicato al Sudan e in particolare ai suoi abitanti, ostaggio di un conflitto armato da ormai oltre un anno. L'attenzione, in una delle sedi della Comunità di Sant'Egidio, a Roma, è anzitutto alle milioni di persone costrette a lasciare le proprie case dai combattimenti. Circa due milioni quelle rifugiate, anzitutto in Ciad, Egitto e Sud Sudan; altre otto milioni quelle invece sfollate in altre zone e regioni del Paese, che abbiano lasciato la capitale Khartoum o la regione occidentale del Darfur, due degli epicentri degli scontri. Dall'aprile 2023 a fronteggiarsi sono i reparti dell'esercito che fanno capo al generale Abdel Fattah Al-Burhan e i paramilitari delle Forze di intervento rapido (Rsf), al comando di un altro generale, Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti. A Roma si discute di quella che viene definita 'una catastrofe umanitaria'. A riflettere, denunciare e proporre sono esponenti della Comunità di Sant'Egidio, rappresentanti di congregazioni missionarie e anche di organizzazioni umanitarie, come Medici senza frontiere ed Emergency. Il primo punto in evidenza è il fatto che entrambe le parti in lotta ostacolano la consegna di aiuti alle comunità locali, mettendo gli interessi di fazione davanti alla tutela dei diritti umani. A richiamare il ruolo dell'Italia come Paese che quest'anno ha la guida del G7 è Marco Impagliazzo, presidente di Sant'Egidio. Nel suo colloquio con l'agenzia Dire si ricorda come alla crisi in Sudan abbiano fatto riferimento i capi di Stato e di governo delle potenze dell'Occidente nella dichiarazione approvata al termine del vertice di giugno a Borgo Egnazia, in Puglia. 'Condanniamo con fermezza i combattimenti in corso, con violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario a partire dall'aprile 2023' si legge nel testo. 'La situazione si sta deteriorando in modo costante, con un numero di vittime civili sempre maggiore'. I capi di Stato e di governo denunciano in particolare i rischi per donne e bambini e il timore di un aumento di violenze su base comunitaria. 'Tutte le parti devono consentire e facilitare il passaggio di aiuti umanitari in modo rapido e senza ostacoli' si sottolinea nella dichiarazione. 'Chiediamo di porre fine subito alle ostilità e di avviare negoziati seri e diretti per concordare e attuare un cessate il fuoco sostenibile e senza precondizioni'. Secondo Impagliazzo, alle prese di posizione devono seguire le azioni concrete. 'Vogliamo riaccendere i riflettori su una emergenza umanitaria drammatica che tocca questo Paese dell'Africa che già in ultimi anni ha sofferto molto', la premessa del presidente, che cita non solo il conflitto civile cominciato nell'aprile 2023 ma anche la crisi del Darfur deflagrata già nel 2003. Poi l'appello: 'L'Italia con la presidenza del G7 ma anche con le nuove iniziative del Piano Mattei potrebbe rilanciare con più forza una conferenza internazionale sul Sudan per rimettere attorno a un tavolo i due contendenti'. Secondo Impagliazzo, 'gli scontri sono molto violenti e stanno causando conseguenze gravi alla popolazione'. Soprattutto, poi, 'non permettono gli arrivi regolari degli aiuti umanitari'. Ancora il presidente della Comunità di Sant'Egidio: 'Il Paese soffre la fame in modo diffuso; ci sono due milioni di rifugiati e nove milioni di sfollati interni'. Secondo Impagliazzo, c'è 'una situazione drammatica alle porte d'Europa'. 'Tutti dobbiamo fare di più', il suo appello: 'Per questo siamo qui a sollecitare chi ha responsabilità di governo'. L'incontro di Roma è anche testimonianza. Come quella di suor Ruth del Pilar Mora, originaria della Colombia, consigliera per le missioni delle Figlie di Maria ausiliatrice: 'Come salesiane', ricorda, 'abbiamo deciso di restare a Khartoum dopo l'inizio degli scontri nonostante altre congregazioni religiose avessero deciso di partire'. È una sfida che si rinnova ogni giorno. 'Siamo in una zona di periferia a Khartoum, in un'area molto contesa tra le parti combattenti: volevamo continuare a stare al fianco della popolazione, in particolare sul piano educativo; gestivamo una scuola informale che prima del conflitto era frequentata da 700 bambini'. I combattimenti nella capitale tengono la popolazione in ostaggio. 'Nella nostra struttura di Khartoum restano 110 persone' riferisce suor Ruth: 'Due volte siamo stati colpiti direttamente dai bombardamenti e così non tutti gli spazi abitativi si possono usare'. Tante persone sono fuggite, anche verso il Sud Sudan, che dal 2011 è un Paese indipendente. ....(22.07.24)
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