Quando ascoltai la prima volta la fiaba di Andersen, da bambina, rimasi allibita. Non ci capivo niente. Chi era questa tizia senza famiglia che vagava sotto la pioggia da sola? Perché scegliere proprio lei? Per di più i requisiti dell’essere principessa mi sembravano ben strani. Mia mamma mi descriveva un’irriconoscente viziata, che si lagnava senza ritegno. E il principe ne era felice e la voleva!
Rubricai la storia tra le fiabe inutili e la lasciai lì. Non mi era piaciuta. Tanto più che l’espressione “principessa sul pisello” tornava nel lessico famigliare, quando mi si voleva criticare come incontentabile, bizzarra e capricciosa. Peccato che per i miei genitori non sembrasse un valore avere in casa una figlia candidata al titolo di “vera principessa”.
Ma davvero la principessa sul pisello è una fastidiosa, irragionevole ragazza che sa solo lamentarsi del minuscolo legume nascosto nei suoi materassi? Rileggiamola insieme: non è che una paginetta. Ci possiamo trovare qualcosa di molto diverso da ciò che io compresi. Qualcosa secondo me di molto interessante.
Hans Christian Andersen, Fiabe, Einaudi, 1992, p. 19
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