Trump presidente, Di Stefano CasaPound: "Renzi è segnato come l'Europa. Vince un fiero maschio, bianco eterosessuale" "Ha vinto il popolo contro le caste e la globalizzazione" Non ha dubbi Simone di Stefano vicepresidente di CasaPoud che con Intelligonews analizza il voto americano e la vittoria di Donald Trump. Di Stefano come possiamo definire questa vittoria a sorpresa di Trump? Chi ha vinto alla fine? "Ha vinto la nazione contro la globalizzazione, ha vinto chi vuole mantenere la produzione in casa dando lavoro ai propri concittadini anziché ai profughi, ha vinto chi vede la globalizzazione come la peste. Questo è ciò che ha detto Trump nei suoi proclami durante tutta la campagna elettorale" Putin ha già annunciato che riaprirà il dialogo con gli Usa. Quali implicazioni si avranno a livello europeo? "L’Europa sta in mezzo e continua a promuovere la globalizzazione alla quale crede soltanto lei, non l’Europa ma i suoi governi sempre più in crisi. Presto tutto questo finirà perché l'Unione Europea si dissolverà. Dopo Trump verrà la Le Pen in Francia, poi il voto olandese per l'uscita dall'euro e tanto altro ancora. Un processo irreversibile e inarrestabile causato proprio dal fallimento del modello globalista promosso da questa Europa" E per ciò che riguarda l'Italia? Ci potranno essere ripercussioni sull'esito del referendum costituzionale e sul Governo Renzi? "Renzi sostanzialmente ha fallito, il 4 dicembre prenderà una sonora batosta con una valanga di no contro la sua riforma costituzionale. Il destino è segnato". Il direttore di Intelligonews Fabio Torriero nel suo editoriale ha evidenziato come la vittoria di Trump modifichi le categorie della politica. Lo scontro non è più destra-sinistra ma alto-basso, popolo contro lobby. E' così? "Condivido in pieno. Hanno vinto i popoli contro le caste, i popoli contro la globalizzazione, ha vinto quello che viene dipinto il mostro del mondo moderno, un maschio, bianco ed eterosessuale fiero di esserlo. Ha vinto insomma quello che da 10 a 15 anni ci viene presentato come il demonio. Un demonio che però ha saputo conquistare il consenso della maggioranza del popolo americano compreso quello degli afroamericani, degli ispanici e delle donne sfatando il mito del politicamente e culturalmente corretto". 09 novembre 2016 ore 11:40, Marta Moriconi www.intelligonews.it/articoli/9-novembre-2016/51275/elezioni-usa-trump-presidente-intervista-simone-di-stefano-casapound
@albertobrizzi9897
8 жыл бұрын
ora attendiamo che renzi sparisca in lacrime con sua simpatia boldrini e la biondina miss. banca etruria .
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
lo ha detto anche oggi: NON SI DIMETTE Credo che sia arrivata l'ora di scendere in strada e rompere la testa a qualcuno
@ettorerullo2678
8 жыл бұрын
DEVONO ANDARE ALL'INFERNO
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Questo sarebbe lo scemo del villaggio? Una macchietta? Uno che non capisce niente? Donald Trump, 4 novembre: «L'America deve smettere di decidere i governi per gli altri. Abbiamo speso miliardi di dollari per destabilizzare nord Africa e Medio Oriente, mentre in casa nostra bianchi e neri si sparano addosso. Dal 2008 il mondo occidentale è più povero e insicuro, la nostra patria in preda ad uno scontro sociale, siamo alle porte di una nuova guerra fredda, invece di considerare Putin un alleato contro la guerra al terrorismo. Le responsabilità sono più della Clinton, che di Obama, la Libia è farina del suo sacco. Hillary Clinton ci porterà ad uno scontro senza precedenti. Non ne abbiamo bisogno» cit.
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Trump Presidente: Hollywood in lacrime mentre Clint Eastwood se la ride Washington, 9 nov. - Non si sono fatte attendere le reazioni dei vip dopo la vittoria nelle elezioni presidenziali statunitensi dell’odiato repubblicano Donald Trump. Il milionario dal ciuffo biondo ha sconfitto Hillary Clinton. La candidata democratica è stata supportata durante la campagna elettorale moltissime star di Hollywood come George Clooney, John Travolta, Robert De Niro, le cantanti Madonna, Beyoncé,Anastacia, Jennifer Lopez, Lady Gaga, i registi Michael Moore, Quentin Tarantino, e la stella NBA Lebron James soltanto per citarne alcuni. Molti di loro avevano promesso che avrebbero lasciato gli Stati Uniti per le mete più disparate in caso di vittoria di Trump. Ora manterranno la promessa? Nel frattempo le affrante star commentano istericamente il sorprendente risultato attraverso i social network, per la cantante Cher in partenza per il pianeta Giove come aveva promesso in caso di vittoria repubblicana “è come se ci fosse stato un lutto nella mia famiglia”, Chuck D dei Public Enemy invece azzarda improbabili paragoni storici dichiarando “Hitler è qui”. Mentre le lacrime e l’isteria vanno per la maggiore ad Hollywood dallo sparuto fronte repubblicano pro-Trump si odono grasse risate, a farlo è l’attore e regista Clint Eastwood, che in tempi non sospetti aveva dato il suo appoggio al neo presidente. Nella notte tramite Twitter Eastwood aveva commentato i risultati pubblicando una foto che ritraeva una supporter di Hillary Clinton in lacrime, il cinque volte premio Oscar ha poi ringraziato gli elettori “Grazie America, io non ho molto tempo da vivere, ma ora so che gli ultimi anni saranno grandiosi, non posso ringraziarvi abbastanza”. Per Eastwood è la rivincita dei duri sulla generazione dei leccaculo e delle timorose fighette. Guido Bruno www.ilprimatonazionale.it/esteri/trump-presidente-hollywood-in-lacrime-mentre-clint-eastwood-se-la-ride-foto-52654/
@corsarobikerjonlord2106
8 жыл бұрын
DIO ESISTE!! SPERO GUARDI DALLA NOSTRA PARTE ADESSO!
@TheMegasabry
8 жыл бұрын
Walter Corsaro john lord Dio presto interverrà negli affari umani .... anche se abbiamo origine da Dio, mondo è governato dal malvagio (1 Giovanni 5:19) ... tutto è già prestabilito nelle profezie e inizierà con l'attacco da parte dell'ONU a tutte le religioni ... le premesse ci sono e questo succederà a prescindere a chi ci sarà al potere; nessuno può impedirlo perché è il volere di Dio. Venga il tuo regno ( Matteo 6:9 ) il suo regno è un vero e proprio governo e non religione....
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Dazi e protezionismo: ecco l’America di Trump che può cambiare il mondo Washington, 10 nov - L’economia americana prima di tutto, seguono poi la Cina e il Messico e in ultimo, ma non per ultimo, l’Organizzazione mondiale per il commercio e i trattati internazionali a partire dal Nafta per arrivare al Tpp e al Ttip. Quello di Trump è un amplissimo programma di riforme e aggiustamenti, più o meno strutturali, già promessi più volte in campagna elettorale per far “Tornare grande l’America”, come da slogan scelto durante tutti questi mesi. Il presidente in pectore non ha mai nascosto le sue mire protezionistiche: per Trump gli Stati Uniti devono tornare ad essere, se non autosufficienti, almeno capaci di produrre ancora in casa propria, come era - perché gli Usa sono una delle patrie, storicamente, del protezionismo - fino a non più di 20/30 anni or sono. Da qui lo scontro, ad oggi solo propagandistico, con la Cina accusata di tenere artificialmente basso lo yuan per avvantaggiare il proprio export. E sempre da qui la proposta di dazi doganali che potrebbero arrivare fino al 50% del valore dei beni importati in regime di dumping salariale o monetario. Lo stesso dicasi per il Messico, vicino scomodo in virtù dell’accordo Nafta, definito da Trump “il peggior trattato commerciale della storia”. Questo non significa che da gennaio il trattato verrà cancellato di punto in bianco, ma la promessa è di arrivare ad una sua rinegoziazione, potere che tra l’altro il presidente detiene senza dover passare per il Congresso. Sorte analoga potrebbe toccare anche al Trans Pacific Partnership, già firmato ma ancora non ratificato. Si riducono poi le speranze per il Ttip, gemello del precedente che Trump non ha fatto mistero di non gradire. Dopo le brusche frenate da parte europea, l’elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca rischia di mettere una seria ipoteca sulle speranze di risolvere l’empasse. Tra il dire e il fare c’è in mezzo Trump. Tutto dipenderà dalla squadra di governo che andrà a scegliersi, da quali leve vorrà attivare per mettere in pratica il programma economico e se davvero avrà la forza per imporsi. Perché sì, gli Usa rimangono il primo paese al mondo con una quota del 25% del Pil globale, ma è anche vero che la Cina controlla una quota rilevante del debito pubblico americano, disponendo dunque di una carta non indifferente da giocare sul complicato tavolo che si apre da qui in avanti. Un tavolo che può ribaltare scenari economici dati per acquisiti. Se Trump riuscisse, pur in via ipotetica, a mettere in pratica anche solo una piccola parte delle promesse, sarebbe lì a dimostrare che la globalizzazione degli scambi e l’abbattimento delle barriere non sono qualcosa di naturale e insito nell’ordine delle cose, bensì frutto di una precisa volontà. Razionale e calcolata, discutibile o meno, ma pur sempre una volontà umana. Per definizione, dunque, modificabile. Un precedente non da poco. Resta il dato dell’incarico forte e chiaro che arriva dall’america rurale, dall’america operaia e dall’america che produce, schierata in blocco con Trump mentre tutto il resto della compagnia parassitaria, dai radical chic dell’intellighenzia semicolta ai ceti urbani improduttivi non ha esitato a prendere in massa le parti della Clinton. Ora sta al presidente eletto non tradire il mandato e le aspettative, anzitutto di chi gli ha permesso di arrivare sullo scranno più alto di Washington. Filippo Burla www.ilprimatonazionale.it/economia/dazi-e-protezionismo-ecco-lamerica-di-trump-che-puo-cambiare-il-mondo-52670/
@NEROITALICO
7 жыл бұрын
Delocalizzi la produzione? Dazi al 35%: la politica industriale secondo Trump Washington, 6 dic - Non è ancora il presidente in carica e forse parlare già di “Trumpnomics” è affrettato, ma la direzione è chiara: Make America Great Again non sarà, almeno nelle prime intenzioni, un vuoto slogan, ma il fondamento per rilanciare industrialmente del paese. L’occasione sono le recenti polemiche con la Cina, dopo la telefonata di Trump al presidente di Taiwan che ha fatto infuriare gli alti vertici di Pechino: “La Cina ci ha mai chiesto se andava bene svalutare la loro valuta (rendendo difficile per le nostre imprese competere), tassare i nostri prodotti che entrano nel loro Paese (mentre gli Usa non tassano i loro) o costruire un massiccio sistema militare nel mezzo del Mar della Cina del Sud? Non penso proprio!”, ha tuonato in una serie di Tweet. Prima di questo, l’affondo era stato preparato con una dichiarazione che sembra essere un programma di politica economica: “Gli Stati Uniti ridurranno le tasse e i regolamenti sulle imprese, ma chi delocalizza licenziando i propri dipendenti, costruisce stabilimenti all’estero e pensa di rivendere i prodotti negli Usa senza conseguenze, SBAGLIA! Presto ci sarà una dazio doganale del 35% per tutte le aziende che vogliono rivendere i loro prodotti dentro il nostro confine“, ha tuonato Trump, nell’intento di preparare il terreno a misure forse impopolari per le grandi imprese e i loro influenti vertici, ma indubbiamente d’effetto per tutta quella cintura industriale che crea posti di lavoro e che ha in massa votato per lui. Il presidente repubblicano non ha d’altronde fatto mistero per le sue mire protezionistiche, con l’obiettivo di riportare in patria le produzioni spostate all’estero alla ricerca di salari più bassi. Una tentazione, quella di Trump, che si intreccia ora anche con le sfide di politica estera che ha promesso di affrontare. Filippo Burla, Il Primato Nazionale www.ilprimatonazionale.it/economia/delocalizzi-la-produzione-dazi-al-35-la-politica-industriale-secondo-trump-54102/ #Trump #protezionismo #Usa #delocalizzazione #nazionalismo #fascismo
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
“Ho votato Clinton”. Elettore si presenta da Madonna e rivendica sesso orale New York, 9 nov - “Se votate la Clinton vi faccio un pompino”, Madonna era stata quantomai diretta lo scorso ottobre al Madison Square di New York. E pazienza se qualcuno aveva malignato di volgarità proprio in stile Trump, l’odiatissimo “sessista” che non rispettava le donne. Lei pur di vederlo perdere le elezioni si era sbilanciata mettendosi a disposizione. Peccato poi che un elettore di Hillary, purtroppo per Madonna drasticamente sconfitta, si è presentato sul serio a casa della celebre popstar, nella Upper East Side di Manhattan, rivendicando quanto promessogli. Lo riporta il noto tabloid newyorchese Daily News, specificando che l’uomo, dotato di foto della scheda elettorale, sarebbe stato gentilmente respinto da un sorridente responsabile della sicurezza: “Non ho informazioni a questo proposito signore, mi dispiace”. L’elettore avrebbe ribattuto per le rime: “Ma non c’è rimasta male che sono stato l’unico a presentarsi per la ricompensa?”. In effetti pare che l’elettore in questione sia stato davvero il solo a bussare alla porta di Madonna, evidentemente nessuno aveva preso sul serio la sua offerta. Evidentemente ormai anche negli States sono in pochi ad abboccare alle promesse elettorali, anche quando a farle non sono i politici ma i loro sostenitori famosi. Dispiace solo per Madonna, rimanere sola così, in vana attesa. Like a virgin. Eugenio Palazzini www.ilprimatonazionale.it/esteri/votato-clinton-elettore-si-presenta-madonna-rivendica-sesso-orale-52647/
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Ma se l’Europa non è se stessa non basteranno mille Trump a salvarci Roma, 10 nov - In una campagna presidenziale inusualmente centrata sulla politica estera, Donald Trump ha lanciato roboanti dichiarazioni su praticamente ogni stato del mondo: la Cina (vedasi il video virale “Trump says China”), l’Arabia saudita (che lo odia), la Russia (che lo ama), persino la Corea del Nord (con cui vuole avviare un dialogo). Brilla, per la sua assenza, l’Europa, per la quale il neopresidente nutre un totale disinteresse che talora sconfina nel disprezzo. Ma è ovvio: gli Stati sunnominati sono l’altro, con cui bisogna combattere o allearsi. L’Ue è vista come trascurabile periferia del medesimo. Russia e Cina sono i vicini: puoi battere la scopa sul muro per far loro abbassare lo stereo o portare una torta di mele, ma devi comunque prenderli in considerazione; gli europei sono i nipotini ritardati che giocano in giardino: devi solo strigliarli di tanto in tanto e poi tornare a occuparti delle cose da adulti. L’unica posizione rilevante di Trump per il nostro continente è l’annunciato ridimensionamento della Nato, peraltro non voluto per ragioni di sovranità dei popoli, bensì per questioni vagamente camorristiche: devo difenderti con il mio ombrello militare? Prima voglio vedere se hai pagato le tue quote, altrimenti ti arrangi. Ma a noi potrebbe andare bene anche così: un’America che si disinteressa di noi e la Nato che si leva dai piedi, non è quello che abbiamo sempre voluto? Sì e no. Nel senso che se la perdita di centralità dell’Europa è un fatto, l’isolazionismo di Trump è una bella idea di un vulcanico personaggio che ora dovrà gestire un imper(ialism)o mondiale. E che succede se poi l’America trumpiana non si isola affatto, ma continua a gestire il suo potere senza l’Europa e contro l’Europa? È assolutamente interessante, per esempio, la dichiarata volontà del politico conservatore di operare un disgelo e una collaborazione con la Russia di Putin. Benissimo. Ma in questo quadro noi che ruolo abbiamo? Le comparse, nel migliore dei casi. Perché non basta “stare con Putin”, bisogna capire con che regole di ingaggio, a che scopo e per quali interessi ci si sta. Del resto l’a-europeismo, se non l’anti-europeismo, di Trump non è neanche colpa sua. Siamo semplicemente noi stessi a esserci posti in una posizione di irrilevanza assoluta. Che farebbe Trump a fronte di un’Europa sovrana? Non lo sappiamo, perché il problema, purtroppo, non si pone. E allora, al solito, il problema è tutto nostro. Siamo stati fra i pochi, in Italia, ad aver salutato con un sorriso la vittoria del tycoon. Il sorriso lo confermiamo, ma né Putin né Trump né nessun altro può sollevarci dal compito di essere noi stessi e autodeterminare il nostro destino. Questo deve essere chiaro sempre e comunque, affinché quel sorriso non diventi il tipico sintomo dell’idiozia. Adriano Scianca www.ilprimatonazionale.it/esteri/europa-trump-52674/
@albertogaziano7392
8 жыл бұрын
La vittoria degli antichi valori: patria, famiglia, lavoro!! Nero, gentilmente potresti dirmi come si chiama la musica del video
@BloodXVXGreen
8 жыл бұрын
Sto ancora godendo ! :)
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Trump si assegna un dollaro di stipendio (bravo). Benito Mussolini - pur non avendo i miliardi di Trump - non ha mai preso, come Capo del Governo, una sola lira di stipendio per oltre 20 anni. Vivendo solo dei suoi diritti d'autore spesso devoluti in beneficenza (bravissimo)... Ehhh, non c'è niente da fare: Lui è arrivato sempre primo. cit
@lupettoversilia
8 жыл бұрын
oh Madonna ! madonna è rimasta con la cavità orale vacua... poffarbacco !
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Chi è Tulsi Gabbard, la democratica pro-Siria che Trump potrebbe mandare alle Nazioni Unite Washington, 23 nov - E’ avvenuto lunedì l’incontro - che ha fatto scalpore tra i media americani - tra il neo-presidente Trump e la democratica di religione Indù e deputato delle Hawaii al Congresso Tulsi Gabbard. Gabbard è stata durante le primarie democratiche una sostenitrice del candidato sconfitto Bernie Sanders, e ha discusso con Trump in particolare di Siria, terrorismo, e sicurezza nazionale. Perché questo incontro è importante? Perché la parlamentare Hawaiana ha una posizione molto netta sulla politica USA in Medio Oriente e in particolare sulla questione siriana. 35 anni, veterana dell’esercito americano e impegnata in due missioni in Iraq, è molto critica nei confronti della gestione imposta da Obama all’intervento in Siria. La Gabbard, innanzitutto, ha preso una posizione netta contro l’ipotesi dell’imposizione una fly zone in Siria - cavallo di battaglia di Hillary Clinton in campagna elettorale - la cui implementazione sarebbe “disastrosa per il popolo siriano, per il nostro, e il mondo intero. Potrebbe portare a ulteriori morti e sofferenza esacerbando la crisi, e portarci a un conflitto diretto con la Russia che potrebbe condurre a una guerra nucleare”. Inoltre, ha proseguito la veterana, con Trump “si è discusso dell’opportunità di interrompere la guerra illegale statunitense volta a rovesciare il governo siriano, e concentrarsi invece nello sconfiggere Al Qaeda, Isis, e gli altri gruppi terroristici che costituiscono una minaccia per il governo americano”. Proprio su Al Qaeda, ovvero sui cosiddetti ribelli di Al Nusra protagonisti in particolare nel fronte di Aleppo, già l’anno scorso Tulsi Gabbard aveva scritto in modo chiaro su Twitter “E’ già abbastanza negativo che non bombardiamo direttamente noi i terroristi di Al Qaeda/Al Nusra, ma è addirittura sconvolgente che protestiamo contro la Russia che lo fa”. Bad enough US has not been bombing al-Qaeda/al-Nusra in Syria. But it’s mind-boggling that we protest Russia’s bombing of these terrorists. - Tulsi Gabbard (@TulsiGabbard) October 1, 2015 Si tratta di posizioni particolarmente apprezzate da Steve Bannon, capo esecutivo della campagna elettorale di Trump e suo principale consigliere e, a quanto pare, da Trump stesso, che starebbe valutando per lei una posizione nel suo gabinetto collegata alla politica estera. In particolare, l’ipotesi più accreditata al momento sarebbe la nomina a ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, pur non essendo del tutto escluse in alternativa la nomina a Segretario di Stato (per la quale però sembra scalpitare Mitt Romney, e potrebbe essere in questo senso necessaria una concessione all’establishment repubblicano) e quella a Segretario della Difesa. “Se avessi considerato solo ragioni di interesse politico - ha chiosato la deputata democratica al termine dell’incontro - avrei forse dovuto declinare questo invito. Ma mai e poi mai metterò i giochi politici davanti agli interessi e alle vite del popolo americano e di quello siriano”. Cristiano Coccanari, Il Primato Nazionale #Trump #Gabbard #terrorismo #Isis #Siria #Assad #Putin #Obama #Clinton www.ilprimatonazionale.it/esteri/chi-e-tulsi-gabbard-la-democratica-pro-siria-che-trump-potrebbe-mandare-alle-nazioni-unite-53410/
@beppe396
8 жыл бұрын
Godo che Kyllary Clinton ha perso!! questo e uno dei giorni più felici che ho mai vissuto
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
**** Ma né Putin né Trump né nessun altro può sollevarci dal compito di essere noi stessi e autodeterminare il nostro destino. Questo deve essere chiaro sempre e comunque **** "schiavo è chi aspetta qualcuno che venga a liberarlo" Ezra Pound
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
Trump è considerato un "pazzo" perché è svincolato dalle logiche che imbrigliano in modo politicamente corretto la Clinton. E' un cane sciolto, è fumino, potrebbe mettersi di traverso rispetto agli assetti decisi dall'establishment finanziario. E' ricco di suo e non ha bisogno dei soldi dell'Arabia Saudita per finanziarsi la campagna elettorale. Per questo lo infangano a 360 gradi. Temono di avere un presidente che non risponda agli ordini. E' stupefacente come il sistema mediatico americano (e mondiale) dia più peso a qualche battutina del cazzo di Trump invece che alle mail impressionanti della Clinton. Il Dipartimento di stato americano, non posso rispondere per le sue accuse infondate contro la Russia in Siria.
@Memotek82
8 жыл бұрын
ora i sionisti cercheranno di farlo fuori, ma perché non mi appare nessuno dei 23 commenti precedenti?
@argos7650
8 жыл бұрын
A cominciare da quella faccia da SUINO di Carlo de Benedetti.
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
In USA 3.000.000 di voti dati alla Clinton provenienti da immigrati clandestini non avente diritto... Li hanno fatti votare con magheggi vari. Poi questi parlano di democrazia e mandano in giro per il mondo commissioni elettorali per controllare che non ci siano brogli. E dunque smontiamo anche la bufala che la Clinton abbia preso più voti di Trump.
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
“Shock”, “Trumpocalisse”, “Casa degli orrori”: le reazioni della stampa internazionale al trionfo di Trump Washington, 9 nov - Che Trump non fosse il candidato gradito alla stampa di quasi ogni latitudine è risaputo. Da mesi i media più influenti - spesso diretta espressione delle élites politico-culturali dell’Occidente - hanno tentato in tutti i modi di infangare “The Donald” oltre ad annunciare urbi et orbi il loro appoggio incondizionato alla sua rivale Clinton. Si era parlato addirittura di “vittoria certa e matematica” dell’ex first lady, “eletta” allo studio ovale in anticipo dalla carta stampata o dai salotti televisivi più trendy. Per questo oggi il risveglio è stato per molti traumatico, come si evince da numerosi titoli delle maggiori testate internazionali. Se alcuni quotidiani americani si limitano a un sobrio ma chiaramente imbarazzato “Trump presidente” (Wall Street Journal) o “Trump trionfa” (New York Times), c’è chi l’elezione del candidato repubblicano non è riuscito proprio a digerirla. Il giornale francese Libération, ad esempio, parla di “Trumpocalisse”, mentre il Daily News, riferendosi alla Casa bianca, titola “La casa degli orrori”, e il New Yorker addirittura “Una tragedia americana”. Il britannico Guardian, inoltre, parla di “shock”, esattamente come Usa Today e buona parte della stampa scandinava (per esempio lo svedese Politiken e il danese Dagbladet), laddove il Mail Online non ha remore a titolare “terremoto Trump”. In Germania invece, i cui politici hanno accolto con freddezza mista a malcelata preoccupazione la notizia, i titoli dei quotidiani si adeguano al basso profilo di molti omologhi americani. Insomma, se tutti erano pronti a sperticarsi in lodi giubilanti per la vittoria della Clinton, dopo aver peraltro diramato sondaggi sballatissimi, ora meglio abbassare le orecchie e limitarsi al necessario. Parimenti sobria, ma tutt’altro che delusa, è invece la prima pagina di Russia Today, che riporta inoltre le parole soddisfatte di Vladimir Putin per l’esito delle votazioni così come i suoi auguri al nuovo inquilino della Casa bianca. Per il Figaro, invece, l’elezione di Trump avrebbe “gettato il mondo nell’inquietudine”. Se poi il Daily Mail parla di “Trumplandia”, il quotidiano catalano El Periodico si rivolge addirittura a Dio, chiedendogli di “perdonare l’America”. Ma forse, in confronto a tutta questa isteria, l’unica ad averci preso è la versione online della Cnn, che titola: “La vittoria di Trump attesta un clamoroso ripudio delle élites politiche”. Valerio Benedetti www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/shock-trumpocalisse-casa-degli-orrori-le-reazioni-della-stampa-internazionale-al-trionfo-di-trump-52658/
@piergiorgioramponi541
8 жыл бұрын
Sarei curioso di vedere le reazioni dei clintoniani convinti.
@ralfclems7014
8 жыл бұрын
Piergiorgio Ramponi scusa ma non gli hai visti nel video è così in tutti gli stati dove aveva proliferato questa peste democratica mondiale.Forse un po di luce passerà ma staremo a vedere buona vita!
@ralfclems7014
7 жыл бұрын
Vorrei porre una domanda ma cosa è il M5STELLE?
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
"Si cercano attivisti contro Trump, 15 dollari allʼora": lʼannuncio su un sito di offerte di lavoro online Dopo un inquadramento iniziale sono previste agevolazioni sanitarie, dentistiche e giorni di ferie pagati (SOROS colpisce ancora!) E' comparso dopo il secondo giorno di proteste anti Trump: l'annuncio prevede il reclutamento di attivisti pagati a Seattle per contrastare il programma del nuovo presidente. La retribuzione varia dai 15 ai 22 dollari l'ora: "Stiamo cercando persone motivate alla ricerca di un impiego full-time, part time o per posizioni permanenti". L'inserzione è stata pubblicata da Washington Can!, un gruppo attivista dell'area di sinistra. The Seattle Times riporta che il gruppo ha ricevuto minacce da tutto il Paese.Il quotidiano americano riporta che inizialmente l'annuncio assumeva protestatori "anti Trump", ma dopo delle segnalazioni il sito di annunci online ha rimosso l'inserzione. Allora il gruppo politico l'ha ripubblicata con una piccola modifica: ora si cercano attivisti per fermare l'agenda politica del tycoon. L'annuncio dichiara: "Il nostro programma di formazione è il migliore in circolazione. Ti insegneremo le abilità di cui avrai bisogno. Il nostro team di gestione ha un'esperienza combinata che supera i 50 anni. Al Washington Can! potrai lavorare presso la nostra sede principale a Seattle." "Incontrerai regolarmente gli organizzatori, i lobbisti e i direttori esecutivi avendo davvero l'impressione di essere direttamente coinvolto nel nostro lavoro. Garantiamo agevolazioni mediche, dentali, oculistiche, piano pensionistico, vacanze pagate, giorni di malattia pagati, vacanze e permessi di assenza. Possibilità di avanzamento e di viaggio. La paga media è 15-22 dollari all'ora". Lo staff di Trump: "Obama e Clinton parlino" - Sulla questione è intervenuta anche Kellyanne Conway, campaign manager di Donald Trump. "E' davvero ora che il presidente Obama e l'ex segretario di Stato Clinton dicano a questi manifestanti 'quest'uomo è il nostro presidente'", ha detto alla Nbc. www.tgcom24.mediaset.it/mondo/speciale-elezioni-usa-2016/-si-cercano-attivisti-contro-trump-15-dollari-all-ora-l-annuncio-su-un-sito-di-offerte-di-lavoro-online_3041378-201602a.shtml
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
I PERDENTI Che miseria, davvero. Hanno passato l’ultimo mese abbondante a sbraitare contro Trump e a profetizzare la sua inevitabile sconfitta, forti della loro sicumera, della loro indiscutibile capacità di leggere la realtà, o meglio della loro conoscenza approfondita dell’America vera. Loro, gli Analisti e gli Intellettuali Illuminati. Oggi li vedi a capo chino, sguardo smorto, occhiate sfuggenti da sconfitto, faticare da pazzi nel cercare di arrampicarsi sugli specchi, nel dare un senso al loro fallimento. Ha cominciato Vittorio Zucconi in un intervento video su Repubblica in cui ha dovuto ammettere “La colpa di quanto accaduto è in buona parte nostra. Noi giornalisti inviati in America che non abbiamo raccontato l’America che ha votato Trump, che siamo troppo circoscritti, che non abbiamo guardato l’America profonda”. Ti sembra una dichiarazione di umiltà, un atto di onestà intellettuale, un’ammissione di sconfitta. E invece, eccola lì l’ideologia che acceca di nuovo l’interpretazione del mondo, con l’odiosa spocchia di saperne di più dei cittadini che hanno liberamente votato e scelto. “L’America di Trump è l’America dei forconi” (con palese connotazione negativa) e “chi ha votato per lui temo si pentirà amaramente di averlo ascoltato, visto l’immediato crollo delle Borse”. Noi vabbè abbiamo sbagliato nelle previsioni, dice Zucconi, ma voi avete sbagliato nelle votazioni. La colpa dunque è vostra, americani… C’è chi riesce a fare ancora peggio, come Federico Rampini, l’altro inviato di punta di Rep in America che, sul suo blogghino sul giornale, quasi con discrezione, ci tiene a far sapere che “non c’è solo il disastro dei sondaggi, ma anche di giornali storici come il New York Times e il Washington Post, di nuovi siti come Politico.com, di reti televisive come la Cnn” che avevano chiamato alle armi per impedire l’avanzata di Trump; e più in generale “la perdita d’influenza di quello che era stato il Quarto Potere”. Hanno sbagliato tutto, dunque. Sì, ma i giornali e le tv americani. Mica i nostri, mica Repubblica, che pure fino a ieri presentava una doppia paginata coi delegati certi per la Clinton (253) e quelli certi per Trump (163): in pratica Hillary, secondo le stime attendibilissime del quotidiano diretto da Calabresi, era a un tiro di schioppo dalla vittoria, le mancavano solo 17 delegati per arrivare a 270. Peccato poi che, alla prova dei fatti, ne abbia presi la miseria di 232. Si vede che erano sicuri, ma non troppo… Per “Repubblica” di ieri la vittoria della Clinton era ormai cosa fatta Così come sicuro, anzi sicurissimo, era Gad Lerner che fino a ieri sera annunciava tronfio, con buona pace degli ultimi trumpisti rimasti: “Trump diventerà presidente solo se ci sarà il più macroscopico errore della storia dei sondaggi degli ultimi anni. Tutto può succedere nella vita, ma la sorpresa Trump non sembra proprio più possibile ormai”. Ahahahaha. Scusate la risata, non è molto professionale, lo so, ma proprio non ce la si fa a contenersi. “Non sembra proprio più possibile ormai”?! Trump ha dato uno sganassone alla Clinton, superandola di 70 delegati, non solo ha vinto, ma ha trionfato, o meglio “triumphato”, giusto per parafrasare il titolo di oggi del NYT, a dimostrazione che la sua vittoria non solo era possibile, ma anche più che verosimile. Niente, nella turris eburnea in cui era rinchiuso, Lerner era convinto che nulla avrebbe potuto far crollare le sue convinzioni. E se poi la realtà non si fosse adeguata alle sue idee, peggio per la realtà. Dovrà farsi un esamino di coscienza anche Giovanna Botteri, la giornalista di Rai 3, che da giorni ci ammorbava con la sua descrizione di un’America spaccata in due: da una parte i cattivi, ignoranti, guerrafondai tifosi di Trump; dall’altro i buoni, illuminati e civili sostenitori della Clinton. L’America bella e avanzata contro l’America retrograda e razzista. Da una parte i vincenti per consacrazione divina, dall’altra i destinati alla sconfitta. Poi le cose si sono rovesciate, e la Botteri, come il Tiziano Ferro delle origini, non se lo sa spiegare… Ma il premio “peggior analisi del voto” va al presidente emerito Giorgio Napolitano che, dopo aver tuonato fino all’altro ieri contro la minaccia populista in America, a vittoria acquisita di Trump, commenta ai microfoni di Radio Uno: “È uno degli eventi più sconvolgenti nella storia del suffragio universale”. Non se n’è fatto una ragione, Giorgio, che i cittadini possano votare, scegliere liberamente il proprio presidente, e non debba essere un comitato di saggi e potenti, una Troika calata dall’alto, a indicare questo o quel capo di governo. Benvenuto nel magico mondo della democrazia, Re Giorgio. E, come te, tutti coloro che oggi a buon titolo si possono definire Perdenti. www.lintraprendente.it/2016/11/i-perdenti/
@NEROITALICO
8 жыл бұрын
La prima vittoria di Trump: lo schiaffo a mano aperta al politicamente corretto Washington, 14 nov - La vittoria inaspettata di Donald Trump è l’esempio lampante di come sia impossibile sfuggire alla propria nemesi storica, per quanto a lungo si tenti di ignorare la conseguenza delle proprie azioni. La sinistra occidentale, che da socialista è oramai schiettamente radicale, ovvero liberale, da decenni ha soppiantato la “questione sociale” (a cui comunque non aveva mai saputo dare risposte decenti) con la “questione morale”, che al lato pratico si configura come una sorta di psicopolizia orwelliana in servizio permanente effettivo. La manifestazione più schiettamente efficiente di questa tendenza storica è data dal “politicamente corretto”, che nei fatti rappresenta un codice linguistico necessario per l’esposizione pubblica delle proprie idee, a livello tanto mediatico quanto accademico e persino lavorativo. In Francia, Usa e Regno Unito l’effetto dirompente di questa nuova forma di inquisizione è stato quello che i francesi chiamano comunitarismo, ovvero la disgregazione della società in una miriade di comunità legate da surrogati identitari e rivendicazioni egotistiche: neri, islamici, omosessuali, femministe e chi più ne ha più ne metta. Questa volta sono stati i bianchi americani a votare in massa Trump seguendo il proprio istinto identitario, e la cosa non è difficile da capire. Recentemente, due economisti di Princeton hanno dimostrato una spaventosa tendenza all’aumento della mortalità fra i bianchi della working class americana, non legato oltretutto alle cause maggioritarie di morte in America come le cardiopatie o comunque patologie legate all’orrenda alimentazione ipercalorica del white trash d’Oltreatlantico. Si tratta di suicidio ed abuso di alcool e droghe. In altre parole, i bianchi americani soffrono di depressione di massa in quanto si sentono abbandonati e colpevolizzati praticamente per qualunque questione pubblicamente dibattuta. La conosciamo anche in Italia questa retorica, veicolata in modo indifferente da progressisti e clericali, alla faccia delle apparenti contrapposizioni ideologiche: il maschio bianco eterosessuale è il grande Satana che deve espiare eternamente colpe fittizie attraverso l’annichilimento individuale e comunitario, ad esempio accogliendo l’immigrazione di massa senza alcun limite. È un meccanismo politico estremamente efficace, in quanto fa leva su un istinto radicato da millenni di egemonia cristiana, ovvero il senso di colpa. Se sfruttato adeguatamente, il senso di colpa è uno strumento formidabile in mano alle élite per sterilizzare il dissenso, veicolato ovviamente dai partiti progressisti che per definizione si prestano maggiormente a fare da cane da guardia del potere. Anziché proporsi all’elettorato con una qualsivoglia proposta politica concreta, il politico progressista ne rinfocola il senso di colpa latente, instillatogli con il latte materno fin dalla più tenera età. Il grande Machiavelli già ai suoi tempi non criticava la corruzione della Chiesa come un Odifreddi qualsiasi, ma la dottrina stessa del Discorso della Montagna. Il cristianesimo, infatti, “ha effeminato il mondo e l’ha dato in preda ai malvagi, perché ha reso gli uomini più pronti a sopportare le offese per guadagnarsi il paradiso, che a vendicarle”. Tutti bravi fedeli, anche e soprattutto se laici, pronti ad accogliere tutti, a perdonare tutti, a sopportare tutto. Che questa visione del mondo allucinata sia graditissima a chi comanda è ovvio, meno ovvio è la comprensione della mentalità di chi la propugna laicamente, il progressista sociopatico. Apparentemente, non è un fenomeno nuovo se anche un grandissimo eretico della statura di Rousseau ne stigmatizzava la figura. Nell’Emilio infatti leggiamo: “diffidate di quei cosmopoliti che vanno a cercarsi remoti doveri sulle pagine dei libri e non si degnano di compierne intorno a loro. Vi sono filosofi che amano i tartari per essere dispensati dall’amare i propri vicini”. Sembrano scritte oggi, le parole del ginevrino, e si adatterebbero perfettamente all’editorialista medio di Repubblica o ai vari Travaglio, Rossanda, Daverio, Saviano, ecc… Che ci sia del vero nella scoperta della latente sociopatia dei progressisti? Probabilmente sì, ma anche questa spiegazione è abbastanza tronca: spiega gli effetti, ma non parla delle cause. Ovviamente non abbiamo una risposta precisa e definitiva, ma ci chiediamo se non sia inevitabile, nella mente di chi concepisce la storia come un progressivo miglioramento verso l’indifferenziazione universale, il disprezzo verso il prossimo, in quanto questo prossimo, molto banalmente, non è intenzionato a suicidarsi? Farebbe ridere, se non ci fosse viceversa da piangere, l’eterogenesi dei fini che porta queste signorine (maschi e femmine non conta, la virilità è stata bandita) a stigmatizzare la xenofobia dei propri connazionali favorendo così l’afflusso di gente che li disprezza ferocemente, soprattutto se donne. I fatti di Colonia del capodanno scorso rimangono come indelebile monito per tutte le belle anime della sinistra che “ama i Tartari”: non la pace universale, ma il tribalismo violento di conquista delle orde di maschi africani, arabi ed asiatici che considerano lo stupro come una stretta di mano fantasiosa. Come sempre Machiavelli aveva ragione: il mondo ai malvagi per la passività delle masse, rimbecillite dalla propaganda dei buoni. Forse negli Usa qualcosa si è inceppato, staremo a vedere con interesse e non nascondiamo la nostra simpatia quantomeno umana per un uomo che ha riportato in politica il linguaggio che normalmente usiamo con i nostri amici ma di cui per qualche motivo dobbiamo vergognarci in pubblico. Buon lavoro presidente Trump. Matteo Rovatti www.ilprimatonazionale.it/esteri/52870-52870/
@napoletanogigliato429
8 жыл бұрын
È proprio la massoneria progressista ad aver vinto
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