@antropologo-a-domicilio
Quasi non sembrano maschere di Carnevale, non si vedono ridere, né avere atteggiamenti comici. Sono seri, immersi nella rappresentazione; sono gli altri a ridere (e non sempre), loro no.
Sembra un rituale sacro più che una farsa carnevalesca. Contadini, operai, artigiani, c’è qualche studente. Cinquant’anni fa. Erano eredi di un Carnevale contadino arcaico di cui non sappiamo quasi niente (e ormai niente sapremo mai).
È una Zeza, ancora una Zeza, diffusissima una volta in Campania: il contrasto di matrimonio tra Pulcinella, Zeza, la figlia, che questa volta si chiama Vicenzella, e il suo pretendente, che qui è don
Nicola. Ancora lo scontro tra il pretendente e il padre, concluso con il matrimonio finale (cfr. il n.3 dell’archivio per maggiori notizie).
Dopo la Zeza il ballo pur’esso carnevalesco, “’o ‘ntreccio”, e maschere che cantano o recitano versi tradizionali con qualche improvvisazione: “canzone per la morte del ciuccio”, “’o cacciatore”, “’o pittore”, “’o pisciaiuolo”, “’o menestraro”.
Nel ’73, quando le vedemmo e seguimmo la prima volta, le maschere si spostavano a piedi dalla frazione di S.Potito, in cui si organizzava la rappresentazione, a quelle vicine del comune di Roccapiemonte. Si muovevano per strade secondarie, cantieri deserti, sentieri di montagna per evitare i carabinieri, che li avrebbero bloccati in quanto mascherati. Sembra incredibile: appena un paio d’anni dopo tutti si sarebbero accorti della rinascita del Carnevale. E allora sarebbero intervenuti proloco, parrocchie, assessorati e sarebbe cominciata l’istituzionalizzazione: gli anni della ripresa di quelle che allora si chiamavano Tradizioni popolari, e oggi, influenzati dall’Unesco, si chiamano Beni immateriali. Da allora questo gruppo, che prese anche un nome, “I vituosi” (dai
tralci di vite con cui erano fatti i rami infiorati con cui ballavano), sarebbe stato chiamato dai comuni vicini, Nocera, Angri, Sarno, e si sarebbe spostato non più a piedi ma in auto. Ancora per poco, poi sarebbe scomparso.
Tutti i mascherati erano uomini, dicevano che le donne si vergognavano. In realtà si ereditava un antico interdetto della Chiesa alla presenza delle donne nel teatro. Ora in molte manifestazioni carnevalesche partecipano numerose ragazze. Caduti ogni interdetto e ogni presunta vergogna.
Ho preferito mettere in italiano le didascalie delle parole cantate, poiché chi conosce il dialetto locale forse non ha bisogno delle mie didascalie, chi non lo conosce, presumo preferisca una veloce traduzione in italiano.
Il video su Facebook dura 4 minuti: frammenti.
Invece nel canale KZitem “TreCompariMusicanti.
ArchivioAntropologicoApolito”, il video dura quasi 44 minuti.
Dopo il trailer (che è la versione Facebook) ci sono le versioni integrali
delle registrazioni in mio possesso della Canzone di Zeza, della
“canzone per la morte del ciuccio” e delle declamazioni delle
maschere sopra citate.
Riporto inoltre la trascrizione del testo della Zeza che fece Enzo Bassano per “Carnevale si chiamava Vincenzo”, libro citato nei precedenti numeri dell’archivio online. Qualcuno forse noterà che il canto che si ascolta a un certo punto prende una diversa direzione rispetto al testo trascritto. In realtà a rappresentare La Zeza erano due gruppi di maschere, i quali a volte improvvisavano variazioni testuali.
Негізгі бет Carnevale di S.Potito di Roccapiemonte(SA)1973-74 La Zeza e il ballo a 'ntreccio - (A.6)
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