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In queste pagine di Ritornare a Parmenide (1964), Severino mostra l’essenza della struttura originaria del destino. Essa è il predicato necessario di ogni essente (cioè ogni essente è il costituirsi di questa struttura, ogni essente è l’apparire dell’essenza di questa struttura). Tale struttura si esprime nei seguenti termini: L’essere non è il non-essere: dove per essere si intende qualsiasi essente e per non-essere si intende da un lato tutto ciò che il singolo essente non è (quest’albero non è il cielo, la luna, il prato ec. ec. ec.) e dall’altro lato il nulla (quell’altro dall’essente, o meglio, quell’assolutamente altro dall’essente che è il nulla). Quindi ogni essente si mantiene fermo e identico a sé (quindi è un che di de-terminato) in quanto si oppone a tutto ciò che non è (ogni essente è diverso dagli altri e diverso dal nulla, non è gli altri e non è il nulla). La struttura originaria è incontrovertibile (appartiene al de-stino, parola latina che indica l’idea di stabilità inamovibile), perchè ogni sua negazione è autonegazione, il che vuol dire, la negazione di tale struttura implica la struttura, nega ciò senza di cui non si costituirebbe. Una siffatta negazione intende sostenere ciò che d’altra parte è insostenibile, ossia sostenere un contenuto contraddittorio, giacchè è nella contraddittorietà di tale negazione che risiede la sua impossibilità. Il negare, l’atto di negare, il costituirsi di quel pensiero in cui consiste la negazione è un essente, però il suo contenuto è nulla in quanto contraddittorio: questa è la differenza tra il contraddirsi (il pensare la contraddizione) e il contraddittorio (il contenuto del contraddirsi). Per fare un esempio di questa differenza: che 2+2 faccia 5 (in quanto contenuto) è impossibile, è nulla, ma un pensiero che dica 2+2 fa 5 è un qualcosa, è un essente, è un errare distinto dall’inesistenza dell’errore.
Негізгі бет Emanuele Severino: Sul senso dell'incontraddittorio
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